Stanno smettendo di pensare: l’AI non è il problema, è come viene usata
Sempre più studenti usano l’intelligenza artificiale per evitare lo studio. In questo articolo ti spiego cosa sta succedendo davvero, quali rischi corrono i ragazzi e cosa puoi fare tu come genitore per guidarli verso un uso più consapevole dell’AI.
C’è una nuova scorciatoia che i ragazzi stanno imparando a usare con una velocità impressionante: si chiama intelligenza artificiale, e per molti adolescenti significa una cosa sola — fare i compiti in due clic, senza aprire un libro né accendere un neurone.
Basta un prompt su ChatGPT, una richiesta su Gemini o una frase su Copilot per ricevere in pochi secondi il compito di storia, il riassunto del libro o l’esercizio di matematica. Preciso, ben scritto, a volte perfino troppo per passare inosservato. Il problema? Non stanno imparando nulla. Stanno delegando il cervello.

Lo dice anche il prof più virale d’Italia
Vincenzo Schettini, il professore di fisica diventato celebre con “La fisica che ci piace”, non ha usato mezzi termini:
“Oggi i ragazzi sono bravissimi a copiare con l’intelligenza artificiale. È un’emergenza educativa.“
Schettini non è un tecnofobico. È uno che parla ai giovani ogni giorno, che usa TikTok e YouTube per spiegare la fisica con passione, semplicità e ironia. È l’opposto del prof vecchio stampo, quello distante, scollegato dal mondo reale.
Eppure, proprio lui lancia l’allarme: l’AI, così com’è usata oggi da molti studenti, non li sta aiutando. Li sta anestetizzando.
Nei suoi video e interviste lo ripete più volte: non è l’intelligenza artificiale il problema, ma il modo superficiale e automatico con cui viene sfruttata. I ragazzi non si pongono domande, non cercano di capire, non costruiscono un pensiero. Puntano dritti alla risposta. Fine.
Proprio per questo, quando dice di essere preoccupato per come l’AI viene usata dai suoi studenti, bisogna ascoltarlo. Perché, se anche i docenti più moderni alzano le mani, qualcosa non torna.
E se chi conosce il linguaggio dei ragazzi non riesce più a farsi ascoltare, è il segnale che serve una mano in più. Una guida. Magari proprio da parte dei genitori.
“MA STIAMO IMPAZZENDO?
Una mamma mi ha detto: «Mio figlio ha chiesto a ChatGPT di scrivere un tema sul secondo capitolo de I Promessi Sposi di Manzoni inserendo nel tema gli errori che farebbe un quattordicenne.
Questa è una cosa che mi ha fatto rabbrividire. E a me dispiace… ma non per la scuola, perché la scuola la finirete, vi diplomerete. Se il vostro obiettivo è arrivare al diploma, usate ChatGPT.
Ma se il vostro obiettivo è essere uomini e donne di valore, cioè, riuscire un domani a essere e lavorare meglio degli altri, dovete saper essere smart. Ma dovete essere voi smart, non ChatGPT.
Quello che a me preoccupa è essere un quattordicenne al giorno d’oggi. In quasi vent’anni di insegnamento, dal 2007 al 2025, ho visto il quoziente intellettivo crollare e la soglia dell’attenzione abbattersi.
Mi ricordo quando ero studente io: avevamo solo i libri, i professori e il nostro cervello.
Dovevamo usare il cervello. O era finita.”
— Vincenzo Schettini
Un colpo allo stomaco? Sì. Ma serve. Perché il punto è proprio questo: non si tratta solo di fare i compiti, ma di costruire la mente che un giorno guiderà il loro futuro.
L’intelligenza artificiale rappresenta una delle più grandi rivoluzioni tecnologiche del nostro tempo. Quando usata con consapevolezza e responsabilità — come nel caso degli adulti che la impiegano nel loro lavoro o nella scrittura professionale — l’AI si trasforma in uno strumento straordinariamente potente, capace di ottimizzare processi e accelerare risultati.
Tuttavia, quando l’AI finisce nelle mani di un adolescente privo di una guida adeguata, il suo potenziale si trasforma in una scorciatoia mentale. Diventa un modo facile per evitare il duro lavoro, come lo studio e l’acquisizione di competenze. Questo non solo limita la crescita intellettuale, ma incoraggia una forma di apprendimento passivo che, col tempo, indebolisce la capacità critica e la creatività.
Più gli adolescenti dipendono da questa “facilità”, meno sviluppano il pensiero autonomo, essenziale per la loro formazione e per affrontare le sfide del futuro. L’AI, quindi, non è il nemico. Lo è la mentalità che la vede come una scorciatoia e non come un’opportunità di crescita.
Ecco cosa sta succedendo:
- Gli studenti copiano interi compiti con ChatGPT, senza nemmeno leggerli, delegando completamente la propria responsabilità di apprendimento a una macchina. In questo modo, non solo si priva il processo educativo di autenticità, ma si perde anche l’opportunità di sviluppare capacità di pensiero critico e problem-solving.
- Ai professori arrivano testi troppo perfetti per essere di studenti. Si presentano lavori privi di quelle imperfezioni che sono tipiche della scrittura umana, come errori grammaticali o di ragionamento. Questo crea una disconnessione tra il lavoro prodotto e le competenze effettivamente acquisite dagli studenti.
- Si diffonde l’idea che l’intelligenza non serva, tanto c’è l’AI. Il concetto che le macchine possano svolgere gran parte del lavoro cognitivo porta a una distorta percezione dell’apprendimento e della creatività. La capacità di pensare autonomamente e di risolvere problemi rischia di essere svalutata in favore di una dipendenza da tecnologie che, pur essendo straordinarie, non sostituiscono l’intelligenza umana.
- Cresce una generazione che non sa più sbagliare, sperimentare o cercare. Senza la possibilità di fare errori e di imparare da essi, gli studenti si privano di un’esperienza fondamentale per il loro sviluppo. Il rischio è che, in un ambiente in cui tutto sembra facile e automatizzato, venga meno il valore del tentativo, della ricerca e della perseveranza.

Il vero rischio? Disimparare a pensare
Usare l’AI per imparare è una cosa. Usarla per saltare i passaggi è un’altra. Quando i ragazzi si affidano completamente all’intelligenza artificiale, non stanno semplicemente “copiando”: stanno evitando il pensiero. E il pensiero, quello vero, nasce proprio dalle difficoltà, dagli errori, dal tempo impiegato per capire. L’interazione con un problema, il tentativo e l’errore, sono ciò che sviluppa la nostra capacità di pensare in modo critico e creativo. Il pensiero profondo nasce da una riflessione, dalla necessità di risolvere un quesito senza l’aiuto immediato di una macchina. Quando si eludono questi passaggi, si perde il valore dell’apprendimento attivo.
Come spiega bene anche il prof. Schettini in questo video, l’intelligenza artificiale va capita, non solo usata. È fondamentale che i ragazzi non vedano l’AI come una scorciatoia, ma come uno strumento da comprendere e maneggiare con consapevolezza. Solo così potranno utilizzarla in modo strategico senza sacrificare la propria crescita intellettuale.
Semplificare tutto può sembrare comodo, ma a lungo termine:
- Si perde autonomia mentale, poiché si dipende troppo da una macchina per prendere decisioni o risolvere problemi.
- Si abbassa la capacità di ragionamento critico, perché non si mettono più in discussione le risposte automatiche.
- Si limita la creatività personale, che invece nasce dalla necessità di risolvere un problema in modo originale.
- Si compromette il futuro professionale e accademico, poiché l’indipendenza mentale e le abilità critiche sono fondamentali per affrontare le sfide reali.
In definitiva, l’AI dovrebbe essere un alleato del pensiero, non il suo sostituto.
Ma allora cosa possiamo fare noi genitori?
Non serve demonizzare l’AI, ma educare all’uso consapevole e intelligente. È vero, ChatGPT può essere un valido alleato per aiutare tuo figlio a comprendere concetti difficili, a migliorare nella scrittura, o anche a stimolare idee nuove durante una sessione di brainstorming. Tuttavia, l’AI non può (e non deve) sostituire lo studio. La tecnologia è un supporto, non un sostituto.
Ecco 5 cose concrete che puoi fare:
- Parla apertamente dell’AI: non nasconderla o farla sembrare un tabù. Evita di presentarla come un trucco per fare i compiti senza impegno, ma come uno strumento che, se usato correttamente, può arricchire il processo di apprendimento.
- Chiedi come la usano: ascolta con attenzione e senza giudicare. Prova a capire le loro intenzioni e come l’AI influisce sul loro approccio agli studi. Questo ti aiuterà a orientare la conversazione senza imporre divieti, ma guidando il loro uso verso un obiettivo educativo.
- Imposta delle regole: ad esempio, stabilisci che l’uso di ChatGPT per riassumere un testo sia consentito solo dopo averlo letto attentamente. In questo modo, l’AI diventa un supporto per consolidare quanto appreso, non una scorciatoia per saltare il passo fondamentale della comprensione.
- Fai domande: coinvolgi tuo figlio chiedendogli di spiegarti cosa ha imparato usando l’AI. Se non riesce a rispondere in modo soddisfacente, potrebbe essere il segno che non ha davvero interiorizzato l’argomento. Questo ti permette di intervenire tempestivamente.
- Dai l’esempio: condividi con loro come utilizzi l’AI nel tuo lavoro o nella vita quotidiana. Mostra come, con senso critico e consapevolezza, può essere un prezioso alleato. Essere un modello di utilizzo consapevole aiuta i tuoi figli a comprendere il valore dell’AI senza cadere nell’abuso.

Perché, sebbene la tecnologia continui a evolversi, il bisogno di sviluppare un pensiero critico e autonomo rimane immutato. Nessun algoritmo, infatti, potrà mai sostituire un cervello allenato, capace di ragionare, interpretare e creare in modo unico.